Come tutti saprete sabato sera il
Real Madrid ha vinto la sua decima Coppa dei Campioni battendo l’Atletico
Madrid del Cholo Simeone riuscendo a siglare il gol del pareggio che ha poi
portato ai tempi supplementari solo in pieno recupero, al minuto 93. Sarò
probabilmente l’unico, ma da italiano sono contento perché facevo il tifo per
quel poco di Italia presente in questa finale dove siamo stati rappresentati da
Carletto Ancelotti, uno degli allenatori più vincenti in Europa ma non amato da
moltissimi tifosi compresi quelli juventini che lo hanno avuto come allenatore
per due stagioni. Significativo il coro dedicatogli più volte che recita
testualmente “un maiale non può allenare”; ebbene il “maiale” è riuscito, al
primo colpo, dove avevano fallito anche i più grandi, compreso lo “Special One”
Mourinho. Dopo ben 12 anni il Real è tornato a vincere la massima competizione
europea e gran parte del merito viene dato dai giocatori ma anche dalla stampa
spagnola all’allenatore italiano che è stato in grado di rendere squadra un
gruppo di fuoriclasse che, fino ad oggi, avevano mostrano grandi doti personali
ma che non riuscivano a coesistere e remare nella stessa direzione.
Nel primo derby della storia che
assegnava un trofeo così importante le “merengues” hanno battuto i “colchoneros”;
letteralmente le meringhe hanno battuto i materassai. Se è facilmente
comprensibile che il soprannome “meringhe” sia dovuto al colore bianco della
maglia del Real più complessa è l’associazione tra l’Atletico e i “materassai”
anche se la protagonista è sempre la maglia; dopo alcuni anni in bianco e blu,
i giocatori dell’Atletico adottarono, nel 1912, la divisa biancorossa perché erano
colori più economici in quanto ricavabili dalle tele che rivestivano i materassi.
Vorrei concludere questo post
facendo i complimenti a Simeone e ai suoi ragazzi che hanno vinto il campionato
spagnolo, il decimo dopo un digiuno di 18 anni, e sono riusciti ad arrivare per
la seconda volta nella storia in finale di Champions. La gratitudine dei tifosi
è stata evidente negli applausi e nei cori del dopo sconfitta; un unico muro di
sciarpe biancorosse che in questi tempi bui riconciliano con questo sport.
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