domenica 11 maggio 2014

L'ultima bandiera del calcio che ci piace

Il 10 maggio 2014 anche la matematica qualificazione all'Europa League, ottenuta battendo a San Siro per 4-1 la Lazio, passa in secondo piano; la cosa più importante accade dopo il triplice fischio dell'arbitro Massa. Una celebrazione in grande stile per il saluto a una delle ultime bandiere del nostro calcio: Javier Zanetti che ha legato indissolubilmente la sua carriera professionale all'Inter, rappresentandone i valori e segnandone la storia. La sua maglia numero 4 sarà probabilmente ritirata come accade solo per i grandissimi.
C'erano tutti ieri, c'era il presidente Tohir, l'ex presidente Moratti con i figli, tutte le alte cariche societarie ma c'erano soprattutto loro, i tifosi che hanno tributato al proprio eroe ovazioni, cori, striscioni e applausi che solo un vero campione come lui merita e che, permettetemi di dirlo, sono state a suo tempo negate, sulla sponda opposta di Milano, a Paolo Maldini. Una vera e propria festa per l'ultima partita a San Siro del "Capitano" per antonomasia; molto probabilmente lo è stata anche per altri argentini, uno su tutti Milito, che hanno contribuito ai recenti successi dei nerazzurri, ma come ho già detto tutto passa in secondo piano di fronte ad un giocatore che in 19 anni ha collezionato 857 presenze, un atleta che a 40 anni sembra un ragazzino e che se non fosse stato per il brutto infortunio dello scorso anno avrebbe avuto ancora qualcosa da dare, un uomo che con la sua fondazione P.U.P.I. aiuta i bambini poveri e disagiati.


Si capisce che la serata è la sua serata quando i giocatori dell'Inter fanno riscaldamento con il suo numero, quando i marcatori gli dedicano i gol ma soprattutto quando al minuto 52 migliaia di flash impazziti immortalano il suo ingresso in campo...brividi.
Tutti gli amanti di calcio da oggi sentiranno un piccolo vuoto perchè un giocatore come Zanetti, sempre corretto e leale, viene rispettato e onorato anche dagli avversari ma il tifoso interista perde quasi un pezzo di sè, il capitano che ha alzato al cielo la Champions League dopo un digiuno di 45 anni, l'atleta che lo ha fattio sognare con le sue sgroppate di decine dimetri, quasi slalom con gli avversari come paletti, l'uomo che ha sempre difeso la società anche nei momenti difficili comportandosi come un capitano di altri tempi.


Vederlo fare il giro del campo con moglie e figli al seguito e vederlo piangere riconcilia poi col calcio dopo le vicende degli ultimi giorni. Per lui, ci sarà un futuro da dirigente per poter continuare a trasmettere i valori societari, ma non vederlo più calcare il terreno di gioco sarà triste; con lui se ne va un pezzo del calcio che ci piace.

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