venerdì 28 novembre 2014

Colpo di testa

Brandao, già squalificato sei mesi dalla Lega francese per la testata a Thiago Motta dopo Psg-Bastia del 16 agosto scorso, domenica in tv aveva pure chiesto scusa. Certo avrebbe potuto farlo prima, senza far trascorrere tre mesi e avrebbe anche potuto farlo in maniera diversa, visto che le sue scuse non erano per il diretto interessato, mai citato.


Dalla giustizia penale però è arrivata una punizione esemplare. Il procuratore infatti aveva chiesto otto mesi, ma con la condizionale e solo 15 mila euro di multa; il brasiliano dovrà pagarne 5 mila in più, ma con il rischio reale di restare trenta giorni dietro le sbarre. Su Brandao, assente perché si è fatto operare proprio ieri a una coscia, è pesata l’accusa di premeditazione dell’aggressione, che ha provocato la frattura non scomposta del naso dell'avversario. Per il presidente della corte un gesto inaccettabile in un contesto di lotta alla violenza negli stadi, soprattutto se commesso dai giocatori. Anche l’azzurro non era presente al processo, avendo preferito delegare all'avvocato del suo club una testimonianza scritta dove ha spiegato il contesto della gara, senza negare gli insulti. Insulti ritenuti "scontati" e immancabili durante qualsiasi partita di calcio, ma per Brandao invece destabilizzanti e causa primaria di una reazione irragionevole e comunque condannabile a un mese di prigione. Anche se l’attaccante può fare appello e sperare in qualche sconto e al momento non è ancora chiaro se Brandao finirà in cella. Stando ai media francesi, il giudice avrebbe infatti lasciato intendere che il brasiliano potrebbe cavarsela anche con una riconversione della pena e quindi scampare la detenzione.
Sarò la solita voce fuori dal coro, ma pur ritenendo deprecabile e da condannare il gesto di Brandao, non potrò mai concordare e accettare che gli insulti vengano ritenuti parte del gioco e dello spettacolo.

mercoledì 26 novembre 2014

Un passo indietro?

L'International Football Association Board, organo internazionale indipendente dalla Fifa, si è dichiarato contrario all'utilizzo della moviola in campo: "Restiamo scettici a giudicare dalla sua efficacia in altri sport". Il rifiuto dell'International Board è indirizzato ad uno dei più importanti sostenitori della tecnologia applicata al calcio giocato, il presidente della Fifa Joseph Blatter.
Quest'ultimo, infatti, ha proposto di testare l'utilizzo del replay sia nelle leghe nazionali sia, l'anno prossimo, nel Mondiale under 20 in programma in Nuova Zelanda. L'idea del numero uno della Fifa è quella di dare la possibilità ai tecnici delle squadre di ricorrere alla moviola una o due volte in ognuna delle due frazioni di gioco, per contestare - e verificare - una decisione arbitrale.


Ho già parlato più volte della tecnologia (Fantascienza o realtà), mettendone in luce pregi e difetti ma senza mai schierarmi apertamente; dopo lunghe riflessioni non mi vergogno di dire che pur ritenendo l'ausilio tecnologico una risorsa, concordo con l'International Football Association Board. Non credo che piacerebbe a qualcuno assistere a partite interrotte fino a otto volte per far rivedere ad un arbitro replay che potrebbero anche non chiarire al 100% gli episodi; sarebbe quasi come interrompere uno spettacolo teatrale sul più bello per far rivedere una scena. Il motivo fondamentale però che mi spinge a schierarmi tra gli oppositori della moviola in campo è che sono un romantico e gli errori arbitrali hanno sempre fatto parte del gioco e senza sarebbe un altro sport.

lunedì 24 novembre 2014

Privilegi e ragazzate

E' un'artista del dribbling, ma stavolta la "giocata" a Gervinho non sarebbe riuscita e in patria il caso che lo avrebbe visto protagonista ha fatto discutere e ora arriva anche in Italia. La fonte è il portale ivoriano Imatin. Dopo il pari contro il Camerun che ha regalato la qualificazione alla Coppa d'Africa agli Elefanti, l'attaccante della Roma si è messo in viaggio per l'Italia su un jet privato. In base a quanto rivelato, Gervinho avrebbe voluto far salire sul l'aereo anche una donna che lo accompagnava, ma non registrata per il volo, chiedendo così a quattro funzionari dell'aeroporto di "chiudere un occhio". Primo dribbling riuscito, ma a fare muro difensivo sarebbe stato il pilota dell'aereo che si è rifiutato di far salire una persona non autorizzata a bordo. Risultato: ragazza rimasta in Costa d'Avorio, "caso" esploso e nei guai sono finiti i funzionari che secondo la stampa locale sono stati licenziati.


Nottata sopra le righe quella tra venerdì e sabato per il portiere del Genoa Mattia Perin, sorpreso alla guida in stato di ebbrezza durante un controllo sul lungomare di Arenzano e subito denunciato. Il giovane giocatore è stato "pizzicato" a tarda ora al volante. Sottoposto all'alcol test, i valori sarebbero stati superiori al limite consentito. A quel punto, Perin avrebbe alzato un po' troppo i toni con gli agenti, che hanno dovuto faticare per riportarlo alla calma prima di lasciarlo andare.
Nella serata di ieri sono state rese note le dichiarazioni rilasciate da Mattia Perin sulla denuncia per guida in stato di ebbrezza: "Ho sbagliato e da questo errore voglio ripartire. Pagherò la multa comminata dalla società e mi attiverò per rendermi utile come testimonial in campagne sociali sull'argomento. Ringrazio mister Gasperini per le parole che ha avuto oggi nei miei confronti e ci tengo a scusarmi con la società, lo staff tecnico, i compagni di squadra e i tifosi”. Il tecnico rossoblu aveva dichiarato: "è un episodio che non merita un risalto così negativo. Mattia è un professionista serio ed è molto scosso per quanto accaduto. Ha il sostegno da parte di tutti noi e domani sera giocherà regolarmente. Prenderà comunque una multa ed è giusto che paghi".
Sottolineo come la reazione della società rossoblu e del mister, sia stata piuttosto tranquilla. Non come l'anno scorso quando un episodio analogo accadde a Matuzalem, trovato ubriaco alla guida sempre dalle parti di Arenzano. In quella circostanza, Gasperini non fu per niente tenero: "Chi sbaglia paga, questa è la regola", disse sempre il tecnico. Ma il centrocampista, ora al Bologna, non venne convocato per la trasferta contro la Juventus.


venerdì 21 novembre 2014

Il calcio che sarà

Il calcio italiano prova a rinnovarsi sperando di recuperare quel gap tecnico ed economico che ci separa dal resto delle grandi d'Europa e che continua ad aumentare. Le novità principali sono 2 e riguardano la composizione delle rose e la questione "extracomunitari"; per quanto riguarda il primo punto le rose delle squadre di Serie A avranno un limite massimo di 25 calciatori, di cui 4 cresciuti in Italia e 4 cresciuti nel vivaio del club per cui sono tesserati, libero invece il tesseramento degli Under 21. Per quanto concerne i giocatori extracomunitari si parla di riforma dei cosiddetti giovani di serie; il giovane extracomunitario al primo tesseramento deve essere residente in Italia ed essere entrato nel nostro Paese con i genitori non per ragioni sportive e comunque aver frequentato la scuola per almeno 4 anni; inoltre la sostituzione del calciatore extracomunitario sarà possibile solo nel caso di esistenza del contratto da professionista da almeno 3 anni (dal 2012).


La cosa strana è che il consiglio federale ha visto il voto contrario proprio delle componenti tecniche e cioè calciatori e allenatori e quindi prevedo polemiche a non finire. Polemiche che sono già cominciate sui social dove c'è chi pensa che tale riforma porterà ad un peggioramento dei giovani italiani che, costretti ad aggregarsi alle prime squadre, si sentiranno già arrivati.
Personalmente ritengo che il solo sussistere di una riforma in un ambiente ormai stagnante da decenni sia di per sé positivo, ma allo stesso tempo non ritengo la riforma risolutiva; vedremo se il tempo mi darà torto o ragione.

mercoledì 19 novembre 2014

Rasatura coatta: cose turche.

Il titolo del post è tanto chiaro quanto curioso: siamo in Turchia e la notizia è più che mai contemporanea. Il presidente del Genclerbirligi, Ilhan Cavcav,  ha affermato che i calciatori con la barba sono "pessimi esempi per i giovani come mio nipote perchè i calciatori sono degli sportivi e non vanno ad una scuola di Imam". 
Nel 1998 fece scalpore ma ebbe molti proseliti la campagna di Daniel Passerella, allora commissario tecnico dell'Argentina, che ce l'aveva coi giocatori dai lunghi capelli che venivano puniti con l'esclusione dalla competizione mondiale se rifiutavano di tagliarli, come accadde al povero Redondo.


Il presidente turco non si ferma ad un discorso generale, ma fa i nomi dei "pessimi esempi" individuati nel tecnico del Besiktas (Bilic), il centrocampista e il portiere del Fenerbahce (Sahan e Demirel) e il centrocampista del Galatasaray (Inan). Il suo tentativo di imporre la rasatura a tutti gli atleti turchi è stata fortunatamente cassata dalla Federazione, ma lui ha dichiarato che avrebbe multato i suoi calciatori "pelosi" con circa 9 mila euro. Dopo dibattiti politici ed ideologici, il vulcanico presidente ha affermato di essere stato frainteso e che "ognuno è libero di vestirsi come vuole e di professare la religione che vuole" e non punirà né escluderà i giocatori in base al loro aspetto, ma ha aggiunto "ritengo che dovrebbero avere più cura di loro stessi".
Inutile dire che le prime dichiarazioni che secondo Cavcav sono state travisate risultano invece chiarissime e che lo stesso presidente sfoggia un bel paio di baffi che a voler essere pignoli non sono poi così diversi dalla barba.

lunedì 17 novembre 2014

Il mio nuovo idolo

So che dovrei parlarvi della partita di ieri tra Italia e Croazia, della sospensione per i fumogeni lanciati dai tifosi in trasferta e dei disordini e scontri che ne sono seguiti, ma non ne ho voglia e comunque saprete già tutto o quasi. Ho aperto questo blog per esprimere opinioni e commentare fatti curiosi o che mi colpiscono e purtroppo incidenti e cose simili sono ormai all'ordine del giorno, per cui mi perdonerete se vi racconterò una storia diversa; la storia di un professionista che riesce a non guardare solo l'aspetto economico e che con coerenza resta al suo posto. Sto parlando di Daniele Adani, cercato dal nuovo tecnico nerazzurro per fare il suo assistente; l'ex difensore di Fiorentina, Inter e Brescia, preferisce restare come commentatore a Sky Sport.


Le motivazioni sono semplici ed affidate ad una breve lettera pubblicata suo suo account twitter nella quale ringrazia Mancini perché "l'attenzione che ha dimostrato nei miei confronti è una delle più grandi dimostrazioni di stima che ho ricevuto nella mia carriera" ma va avanti nel suo nuovo percorso, su "una strada che mi entusiasma e affascina dove ho la fortuna e il privilegio di poter raccontare il calcio con tutto l'amore e la passione che ho". Personalmente, nel mio piccolo, sottoscrivo in pieno le parole di Adani perché non c'è cosa più bella al mondo che trasmettere la propria passione a quante più persone possibili. Nella sua lettera l'ex calciatore parla anche di "parola data" e al giorno d'oggi è davvero raro trovare qualcuno che rispetti gli impegni presi anche se significa rinunciare a soldi e forse maggior fama; per questo motivo Adani è uno dei miei nuovi idoli.

mercoledì 12 novembre 2014

L'arbitro giustiziere: una logica c'è!

Non è una notizia freschissima, ma prima di parlarne volevo capire esattamente come era andata la vicenda prima di esprimere un parere visto che non ho potuto vedere alcun filmato dell'accaduto. Il protagonista di oggi è Callum Hinde, soprannominato "crazy", ma il gesto che ha fatto il giro del mondo non ha nulla di folle, o forse si; di sicuro è raro, anzi rarissimo. Durante una partita del campionato locale Canterbury & District Football League, in Inghilterra, l'arbitro Phil Bing fischia un calcio di rigore per una presunta spinta in area. Hinde si porta sul dischetto e ritenendo che il rigore non ci fosse, calcia il pallone debolmente tra le braccia del portiere. Ci si aspetterebbe un'ovazione per il gesto e forse anche un premio come già successo in casi simili, ma l'arbitro sorprendentemente gli mostra il cartellino giallo. L'unica consolazione è arrivata in seguito, quando i due club hanno deciso di pagargli la multa ricevuta come conseguenza dell'ammonizione.


La storia ha ovviamente suscitato clamore, ma nonostante la pressione mediatica, il cattivo della vicenda, Phil Bing, ha difeso la propria scelta affermando: "c'era confusione e forse sono stato l'unico che ha visto la spinta: ma gli atleti devono rispettare la mia decisione, giusta o sbagliata che sia. Se il giocatore avesse calciato alto o fuori, probabilmente non avrei fatto nulla. Davanti a 22 giocatori e a una ventina di tifosi avrei perso la mia credibilità se avessi lasciato correre". Il motivo dell'ammonizione è che il gesto si configurava come protesta contro la sua decisione; apparentemente folle ma pensandoci bene dietro una logica c'è.

lunedì 10 novembre 2014

Fantascienza o realtà?

Lo ammetto, mi devo essere perso qualche passaggio; ho scritto molto sulla tecnologia per i gol fantasma usati al mondiale (Gol fantasma finalmente la tecnologia), ma non mi sembrava di aver letto da nessuna parte che sarebbe stata utilizzata anche nei campionati europei. Per questo motivo sono rimasto molto stupito sabato, quando guardando la partita di Premier League tra Liverpool e Chelsea ho assistito ad un gol assegnato dall'arbitro proprio grazie alla tecnologia. Ma andiamo con ordine: al 14' del primo tempo Mignolet para la fucilata del difensore del Chelsea - Cahill - ma trascina con sé il pallone all'interno della porta; scatta il "Goal Decision System" e grazie all'occhio di falco l'arbitro Taylor assegna il gol. In diretta non mi era chiaro come il direttore di gara avesse potuto assegnare la marcatura in meno di un secondo, ma poi ho scoperto che gli arbitri inglesi indossano uno speciale orologio e, quando il pallone supera la linea di porta, un sensore manda un impulso elettronico direttamente all'orologio sul quale appare la scritta "goal". Vi giuro che mi sembra tuttora fantascienza e il mio primo pensiero è: se è tutto così facile perché non è stato fatto prima e soprattutto perché non lo usano tutti?


Sono quasi certo che nel nostro campionato dovrà passare almeno un lustro prima di vedere cose del genere ma spero di sbagliarmi. Certo non siamo alla moviola in campo e lo dimostra il fatto che nella stessa partita lo stesso Taylor non si è potuto avvalere della tecnologia per assegnare un rigore sacrosanto al Liverpool, non vedendo l'evidente controllo con un braccio in area dello stesso Cahill. Al termine della partita le proteste dei "reds" sono state furibonde anche perché senza tecnologia forse il gol del Chelsea non sarebbe stato convalidato e con la moviola in campo il rigore sarebbe stato concesso. La morale della storia è che non c'è tecnologia o moviola che tenga, nel calcio ci saranno sempre proteste e contestazioni e forse anche queste rendono questo sport così appassionante.

giovedì 6 novembre 2014

Il calcio fa male?

L’entrata è stata davvero brutta: non a caso, il difensore del Viitorul Constanta è stato espulso (anche se per doppia ammonizione e non col rosso diretto), mentre l’attaccante della Universitatea Craiova è finito all'ospedale con una caviglia rotta. Ma a far discutere è in realtà la successiva punizione decisa dalla federazione rumena, che ha squalificato Alin Seroni per ben 16 giornate per il violento tackle ai danni di Nicusor Bancu nei minuti finali della sfida di Coppa di Romania dello scorso 29 ottobre. In pratica, a meno di “sconti” post appello (già annunciato dal club fondato e allenato dalla leggenda rumena Gheorghe Hagi, che ha definito la sanzione “ingiusta ed esagerata”) il 28enne centrale arrivato all'inizio dell’anno dal Poli Timisoara non potrà tornare in campo fino ad aprile dell’anno prossimo.
Da notare che è la seconda volta in 24 ore che la federcalcio della Romania usa la mano così pesante per un fallo di gioco (“violento sì, ma non premeditato”, come sottolinea la rivista britannica World Soccer mostrando il filmato anche al rallentatore): il giorno prima della decisione contro Seroni, infatti, a beccarsi i canonici 16 turni di stop (più una multa di 4.500 sterline, quasi 5.800 euro) era stato il centrocampista del FCM Targu Mures, Gabriel Muresan, per la gomitata rifilata a Raul Rusescu della Steaua Bucarest), che è costata a quest’ultimo la frattura dello zigomo (“ma gli è andata bene - hanno spiegato i medici che l’hanno operato - perché rischiava di perdere l’occhio”).


In questo caso però a fare scalpore non è stata solo l’entità della squalifica, ma anche (e forse soprattutto) la mancata espulsione di Muresan, che è stato solamente ammonito dall’arbitro Kovacs (che non a caso si è beccato uno “0” come voto). “Come si può squalificare 16 giornate un calciatore che non è stato neanche espulso?”, si è chiesto il direttore generale del Targu Mures, Daniel Stanciu. Il club ha quindi annunciato che farà ricorso e non solo per il provvedimento ai danni del centrocampista, ma anche per i sei turni di stop inflitti sempre dall’inflessibile federazione rumena a Ousmane N’Doye per l’entrataccia su Claudiu Keseru, che nello scontro ha riportato una commozione cerebrale.

Talento sprecato

Guai e anche molto grossi per Adriano; l’ex Imperatore ha appreso di una grave denuncia a suo carico presentata poche ore fa dalla magistratura di Rio de Janeiro: l’accusa è di associazione finalizzata al traffico di droga, falsificazione di documenti e traffico di droga. Tutta colpa di un’indagine partita quattro anni fa per una moto che Adriano regalò al narcotrafficante Paulo Rogerio de Souza Paz, alias "Mica". La denuncia e la richiesta di misure cautelari, tra cui il ritiro del passaporto, verrà esaminata nei prossimi giorni e in caso di colpevolezza, Adriano rischia fino a 25 anni di carcere. Per il brasiliano, che è in trattativa col Le Havre per un contratto di sei mesi per tentare l’ennesimo rilancio, non c'è pace e questa nuova accusa potrebbe costargli il ritorno sui campi già tentato negli scorsi mesi (Adriano contro Scuffet).


Probabilmente, dopo la testimonianza rilasciata agli inquirenti nel 2010, Adriano era convinto di essersi lasciato la vicenda alle spalle. Quella moto regalata al pericoloso amico, all'epoca membro di una sanguinaria organizzazione criminale, sembrava destinata a restare solo un aneddoto (scomodo) come tanti altri. Ma le indagini sono evidentemente continuate, fornendo al pubblico ministero di Rio de Janeiro gli elementi necessari per formulare, quattro anni dopo, l’inquietante accusa nei confronti del brasiliano. Secondo la denuncia, “quella moto fu intestata alla madre di "Mica" per cercare di occultare un presunto accordo tra Adriano e il narcotrafficante, che necessitava di un mezzo veloce per poter pattugliare la favela e muoversi al di fuori di essa senza destare sospetto. In definitiva - sostiene il pubblico ministero- c’è il fondato sospetto che Adriano e un amico si siano accordati con i narcotrafficanti allo scopo di favorire il lo smercio di droga e attività illecite affini”.
Gli inquirenti, in poche parole, sono convinti che tra Adriano e il temuto "Mica" ci fosse dell’altro oltre alla semplice amicizia tra vecchi compagni d’infanzia. Ad alimentare l’accusa di favoreggiamento, ancor più della moto da circa 15 mila euro regalata a "Mica", c’è anche la proprietà di un deposito usato per conservare le partite di droga. Il pm Graça è infatti convinto che Adriano, proprietario di quel deposito, abbia messo il locale a disposizione dell’amico narco, cosciente dell’utilizzo che questi ne avrebbe fatto. Nei prossimi giorni, insieme alle accuse di traffico di droga e associazione finalizzata al traffico di droga, il Tribunale di Rio valuterà anche se sequestrare il passaporto ad Adriano, come espressamente richiesto dal pm in via cautelare. Un brutto guaio per il brasiliano che, a un passo dalla firma con il Le Havre, vede complicarsi la prospettiva di tornare in Europa.

martedì 4 novembre 2014

Messaggio positivo

Nuovo episodio di violenza nel calcio giovanile. La storia, raccontata dal Nuovo Quotidiano di Puglia, arriva dal Salento e stavolta, per fortuna, contiene anche un messaggio positivo. Un arbitro di calcio di 17 anni è stato aggredito domenica scorsa dal papà di un giocatore che ha invaso il campo e lo ha picchiato durante una partita del campionato Giovanissimi tra Tricase e Sogliano Cavour, tra ragazzini di 15 e 14 anni. L'episodio è avvenuto a metà del secondo tempo quando il padre di uno dei giocatori, non condividendo una decisione arbitrale, ha scavalcato la rete di recinzione ed è entrato sul rettangolo di gioco schiaffeggiando ripetutamente l'arbitro, della sezione di Casarano. La partita è stata sospesa e il direttore di gara trasportato in ospedale; sulla vicenda sono in corso indagini dei carabinieri. È il secondo grave fatto che si registra in una settimana sui campi dilettantistici salentini dopo quello avvenuto domenica 26 ottobre a Cavallino con un'altra aggressione a un arbitro minorenne (L'arbitro ha sbagliato e doveva essere punito).


Il lato “positivo” della vicenda è che a chiedere scusa all'arbitro per il gesto violento dell'uomo è stato il figlio dell'aggressore, in lacrime. Su tutto il resto della vicenda meglio stendere un velo pietoso. Quello che mi viene da pensare è che gli episodi ai quali viene dato risalto sui media sono solo una piccolissima parte di quelli che avvengono settimanalmente sui migliaia di campi di calcio del nostro paese; il mio pensiero in questo momento va a tutti quegli atleti, arbitri e non, minorenni e maggiorenni che in giornate che dovrebbero essere di gioia e di divertimento subiscono violenze di varia natura. 
Concludo dicendo che un paese dove sono i figli ad "insegnare" ai padri è quasi una contraddizione in termini, ma dato che il futuro è dei figli, forse avere figli migliori dei padri non è così male.

lunedì 3 novembre 2014

Ancora Paura in campo

Avrei voluto parlarvi di Marcello Lippi, uno dei grandi allenatori italiani che, dopo aver vinto di tutto nella sua carriera, compreso il Mondiale 2006, e aver portato la sua ultima squadra (cinese) alla vittoria del terzo titolo consecutivo, ha annunciato a 66 anni il ritiro; avrei voluto parlarvi del suo probabile successore, quel Cannavaro capitano della vittoria azzurra a Berlino e Pallone d'Oro, ma purtroppo ancora una volta devo parlare di "paura". 
Paura allo stadio XXI Settembre di Matera, dove era in corso il match tra Matera e Salernitana. Al 6', dopo una scontro su azione da calcio di punizione dalla destra, il centravanti della Salernitana Ettore Mendicino è crollato a terra privo di conoscenza, dopo aver presumibilmente sbattuto contro lo scarpino di un avversario. Il giocatore non si muoveva, la lingua all'indietro, e i compagni che subito richiamano l’attenzione dei sanitari. Il primo a entrare in campo è stato il medico sociale dei granata, Italo Leo, che ha chiesto a gran voce l'intervento dei volontari della Croce Rossa posizionati ai lati del rettangolo di gioco. In attesa dell'arrivo dell'ambulanza, che pur presente allo stadio ha impiegato più di tre minuti prima di fare l’ingresso sul prato, al calciatore è stato praticato un massaggio cardiaco mentre nello stadio calava il gelo. 


Mendicino è stato poi portato via in ambulanza e accompagnato in ospedale. Il match, in attesa di nuove indicazioni, è stato sospeso perché tutti i calciatori erano visibilmente sotto choc e impossibilitati a continuare. Quasi trenta minuti dopo, quando dal vicino ospedale sono arrivate notizie confortanti, la partita è ripresa e ironia della sorte, la Salernitana ha segnato alla prima azione: calcio d'angolo da sinistra e colpo di testa vincente di Riccardo Colombo mentre i tifosi granata intonavano il nome di Mendicino. Le condizioni di salute dell'attaccante sono state monitorate costantemente: secondo quanto filtrato dall'ospedale, il calciatore ha ripreso conoscenza e ha riportato un trauma cranico commotivo e resterà sotto osservazione per 48 ore. «Ettore è fuori pericolo», il primo tweet sul profilo ufficiale della Salernitana.
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