mercoledì 30 aprile 2014

La fifa della UEFA

Ormai sempre più spesso assistiamo a proclami da parte della UEFA e del suo presidente ed ex campione Michel Platini sull'inasprimento delle sanzioni per chi sgarra. Puntualmente la prima decisione sembra essere coerente con quanto promesso e puntualmente, a breve distanza, la sanzione viene rivista, ridotta e sempre più spesso annullata. Anche l'organo mondiale, cioè la FIFA, torna spesso sui suoi passi. Ci lamentiamo tanto della giustizia sportiva italiana ma di sicuro anche quella europea ha molti difetti. Ultimi casi in ordine di tempo sono quelli relativi al fair play finanziario e allo scandalo de La Masia, ossia il settore giovanile del Barcellona, reo di aver violato le norme relative a trasferimenti e contratti di giocatori sotto i 18 anni. L'articolo trasgredito è, per la precisione, il numero 19 del regolamento sui trasferimenti che permette solo tre tipi di compravendite di calciatori minorenni: quelli all'interno dell'Unione Europea per ragazzi fra i 16 e i 18 anni, quelli per motivi di lavoro dei genitori del minore e quelli nel caso in cui la distanza non superi i 50 km dalla frontiera del domicilio del giocatore. Nel periodo fra il 2009 e il 2013 il Barcellona "acquistò" diversi minorenni stranieri tra cui sudcoreani e molti africani. 
Torniamo però al vero problema: la certezza della pena. In un primo momento il club catalano venne punito duramente con il blocco totale del mercato sia in entrata che in uscita per ben due sessioni ma, dopo pochi giorni, la pena è stata prima sospesa e poi revocata. Non è però la prima volta che accade; già nell'inverno 2010 al Chelsea, reo di aver comprato per un milione di euro Gael Kakuta, diciassettenne francese, venne comminata la squalifica che prevedeva il blocco del mercato ma, dopo il ricorso, le sanzioni vennero sospese e poi cancellate. Ciò che accomuna ulteriormente le due vicende è la decisione di far comunque pagare alle società dei piccoli indennizzi che, se da un lato, tolgono ogni dubbio sulla colpevolezza dei club, dall'altro, rendono "ridicole" le pene.


Per quanto concerne invece il fair play finanziario, proprio Platini nel 2009 annunciò l'arrivo di una nuova norma che mirava ad indurre le società a un autosostentamento finanziario. Tale progetto che, secondo il giornalista Franco Ordine, è "inapplicabile in quanto nato morto" è stato poi, nel corso del tempo, modificato ed è entrato in vigore solo nel 2014. Le società però hanno subito trovato dei modi per aggirare alcuni punti della norma come quello che prevede l'obbligo di spendere non più di quanto si fattura; il presidente del PSG fa sponsorizzare ad esempio la squadra da una delle sue società a fronte di un contratto di circa 200 milioni di euro all'anno. Ebbene la UEFA aveva deciso di punire in modo esemplare casi come questi mediante esclusioni dalle competizione europee e blocco del mercato ma, notizia di ieri, ancora una volta il tutto si tradurrà, in seguito a patteggiamenti, in semplici multe pecuniarie che a mio avviso sono assolutamente inutili per personaggi che detengono veri e propri imperi finanziari. Per essere sinceri, qualche squadra "minore" ha ricevuto pene significative ma, tutti i casi sopra citati, che riguardano società importanti mostrano a mio avviso la paura di punire quelli che potremmo definire i "poteri forti", quelle società cioè che alimentano sensibilmente in ogni senso il mondo del calcio. 


martedì 29 aprile 2014

La Lega Calcio disonora i morti di Superga?

Nella riunione di ieri a Milano della Lega Calcio sono successe diverse cose, dalla sfuriata del presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, non certamente nuovo a certi comportamenti, alla discussione sulla vendita dei diritti televisivi del prossimo triennio 2015-2018 che comunque, per la cronaca, porteranno almeno un miliardo di euro, cifra tra le più alte in Europa alla faccia di quelli che sono contro le tv. Ma la decisione che forse ha fatto più scalpore nella giornata uggiosa di ieri è stata quella di non spostare la partita del prossimo 4 maggio tra Chievo e Torino. Molti di voi staranno pensando: tutto questo clamore per una partita non spostata? In effetti di solito fanno notizia le partite spostate come successe quasi due mesi fa con il derby di Genova che per motivi di audience si sarebbe dovuto disputare la domenica alle 12.30 e che, dietro "ricatto dei tifosi", venne spostata al lunedì sera. Concentriamoci però un momento sulla data della partita confermata, il quattro di maggio. Per i più giovani sarà una data come un'altra, ma per la storia del calcio è una data indelebile; parliamo del 1949, alle 17.03 l'aereo Fiat G.212 della compagnia aerea ALI si schiantò contro il muraglione del terrapieno posteriore della Basilica di Superga, sulla collina torinese, con a bordo l'intera squadra del Torino causando la morte di 31 persone. Sempre per i più giovani sottolineo che quel Torino era il "Grande Torino" cioè una squadra che negli anni quaranta fu pluricampione d'Italia e i cui giocatori formavano la colonna portante della nostra nazionale. La squadra stava tornando a casa da Lisbona dopo aver disputato un incontro amichevole contro il Benfica. Per farvi comprendere la portata della tragedia segnalo che per lo shock la nazionale, l'anno seguente, si recò ai Mondiali in Brasile in nave; il Torino fu proclamato vincitore del campionato a tavolino e gli avversari di turno schierarono le formazioni giovanili nelle restanti quattro partite. E' difficile, se non addirittura impossibile, per chi come me non ha vissuto quei momenti spiegare ciò che quel giorno significa per molti tifosi ma, nonostante ciò mi chiedo quale sia il modo migliore per onorare quei campioni. Una risposta forse ce l'ha data proprio la tifoseria del Benfica 5 giorni fa quando, durante la semifinale di Europa League contro la Juventus, ha esposto uno striscione commuovente in memoria di quegli eroi, dimostrando solidarietà solo per essere stata la squadra contro la quale quel Torino disputò l'ultima partita. Lasciamo perdere la "solidarietà" delle tifoserie italiane che spesso e volentieri hanno usato Superga come sfottò in maniera vergognosa e torniamo a noi. Siamo così sicuri che far disputare una partita di calcio proprio del Torino nell'anniversario di quel fatidico giorno sia così deplorevole e che, al contrario, non sia il modo migliore per rendere onore a dei grandissimi calciatori, per di più in un anno nel quale la squadra granata è finalmente tornata a lottare per l'Europa?


lunedì 28 aprile 2014

La banana di Dani Alves

Immaginatevi la scena: il Barcellona, a poche ore dalla morte per cancro del suo ex allenatore Tito Vilanova, si ritrova sul campo del Villarreal per giocare la quartultima partita della Liga spagnola che la vede inseguire  in classifica la capolista Atletico Madrid a 4 lunghezze. Dopo un emozionante minuto di silenzio, durante il quale i giocatori visibilmente commossi si abbracciano, comincia la partita e i catalani vanno sotto di due gol; con un moto d'orgoglio si buttano in avanti e riescono ad accorciare le distanze grazie ad un'autorete. Siamo al minuto 76, Dani Alves, giocatore brasiliano del Barcellona, si appresta a battere un calcio d'angolo quando arriva sul terreno di gioco, lanciata dagli spalti del Madrigal in segno di disprezzo, una banana; senza fare una piega lui la raccoglie, la sbuccia, ne mangia un pezzo e, come se nulla fosse accaduto, batte il corner. Giusto per la cronaca il Barcellona riuscirà poi a segnare altri due gol, grazie ad una seconda autorete e ad un gol di Messi, vincendo così la partita ma, nella storia rimarrà il gesto del terzino sudamericano. Un gesto, permettetemi di dirlo, molto diverso e molto più incisivo di quello ad esempio di Boateng che, durante un'amichevole disputata con il Milan a Monza, aveva risposto agli insulti razzisti del pubblico scagliando contro i tifosi il pallone e abbandonando, insieme a tutta la squadra, il terreno di gioco. Lungi da me l'idea di condannare quanto fatto dal giocatore ghanese ma, l'impulsività, lo ha spinto a compiere un gesto di "violenza" seppur minima che non combatte il fenomeno ma rischia di alimentarlo; altri prima di lui avevano reagito abbandonando il campo, reazione anche questa comprensibile ma, a mio avviso, poco efficace in quanto dà soddisfazione al tifoso becero. Quello che ha fatto Dani Alves invece è stato sminuire il gesto del tifoso avversario, come si dovrebbe fare ad esempio con un bullo, un prepotente. Tutte queste figure sono infatti accomunate da un'ignoranza di fondo accompagnata da una voglia di apparire; sminuendo il gesto o non curandosene si toglie loro la soddisfazione e la visibilità. Non sono così ingenuo da pensare che basti questo a combattere il fenomeno del razzismo negli stadi ma di sicuro Dani Alves ha mostrato quasi di gradire la banana che è invece risultata indigesta per il tifoso ignorante.


Partita finisce quando arbitro fischia

Comincio questa mia avventura da blogger con un addio. Da poche ore si è infatti spento Vujadin Boskov, uno dei personaggi più simpatici del mondo del calcio. Insieme al mitico Trap, detiene lo scettro di allenatore più citato; le sue frasi, soprattutto quelle rilasciate a fine gara vengono ricordate ancora oggi dai giovani e meno giovani. Ma per i pochi che non lo conoscessero permettetemi una breve scheda. Nato nel 1931 in Serbia, gioca come centrocampista dal 1946 al 1960 nel Vojvodina di Novi Sad collezionando anche 57 incontri con la nazionale jugoslava senza però mai lasciare il segno; compiuti 30 anni, età prima della quale la federcalcio jugoslava non permetteva trasferimenti all'estero, viene ingaggiato dalla Sampdoria, squadra nella quale disputa la sola stagione 1961-1962, prima di trasferirsi in Svizzera negli Yong Boys, dove gioca fino al '64 divenendone poi successivamente allenatore. Ed è proprio nel ruolo di allenatore che mostra le sue doti principali riuscendo con il Real Madrid a vincere un campionato e due Coppe di Spagna ma è nel 1991 che compie il suo capolavoro conducendo la Sampdoria al suo primo e unico Scudetto sfiorando poi, l'anno successivo, la vittoria della Coppa dei Campioni arrendendosi in finale e solo ai supplementari al Barcellona. Pochi lo ricorderanno ma è stato anche l'allenatore che ha avuto il merito di far esordire in serie A Francesco Totti.



I tifosi, blucerchiati e non, lo ricorderanno sempre, anche grazie alla Gialappa, per le sue affermazioni pronunciate in uno strano italiano che però lasciavano sbigottiti per semplicità e chiarezza. Come dimenticare i commenti sempre pungenti sui giocatori: "Benny Carbone con sue finte disorienta avversari ma pure compagni"; "Lombardo è come pendolino che esce dalla galleria"; "Se io slego il mio cane, lui gioca meglio di Perdomo". Permettetemi il paragone un pò blasfemo ma sembra quasi che a lui si ispiri, sia per il modo di parlare sia per la crudezza delle affermazioni, Joe Bastianich giudice di Masterchef Italia. Memorabili restano poi le sue massime sugli allenatori: "Nel calcio c'è una legge contro gli allenatori: giocatori vincono, allenatori perdono"; "Gli allenatori sono come cantanti lirici. Sono molti e anche bravi, ma soltanto due o tre possono cantare alla Scala di Milano". Ma le sua qualità migliore era quella di dire delle ovvietà facendole sembrare delle rivelazioni: "Chi non tira in porta non segna"; "Squadra che vince scudetto è quella che ha fatto più punti"; "Un 2 a 0 è un 2 a 0, e quando fai 2 a 0 vinci"; "Rigore è quando arbitro fischia".
Allora, caro Vujadin, grazie per tutto ciò che ci hai dato e ci hai insegnato; parafrasando una tua ennesima verità ti dico che l'arbitro ha fischiato la fine della tua partita.
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